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“In un’epoca sempre più dedita alla cura consolatoria del proprio giardino, mentre il paesaggio collettivo è sfigurato da edifici coperti di cartelloni o da luoghi resi obbedienti e residenziali, il concetto di ‘Terzo paesaggio’ ci è utile anche da un punto di vista psichico. Nei vuoti urbani, osserva Gilles Clément, compaiono erbe, arbusti e fiori, piccole foreste primigenie dell’abbandono. Non di rado la vista di questa natura risorgente, una natura zombie, suscita preoccupazione o sdegno negli abitanti, per il suo aspetto selvatico e anche un po’ borderline. Clément, paesaggista, ingegnere agronomo, botanico ed entomologo, considera  la biodiversità presente in quei luoghi una risorsa di diversità e di bellezza. Il Terzo paesaggio naturalmente non riguarda solo le città, ma anche strade, lande, torbiere, ripe e luoghi variamente incerti: i ‘frammenti indecisi’ del Giardino Planetario che rappresentano la somma degli spazi abbandonati dall’uomo dove la natura riprende il controllo.”

Mindscapes. Psiche nel paesaggio. Vittorio Lingiardi

 

 

©Chiara Ferrin. Piccolissima porzione di bosco nato spontaneo ai limiti dell'estrema periferia sud di Modena. 

 

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“Il Claude Glass era un prodotto del movimento pittoresco, che insegnava che i paesaggi e le scene naturali potevano essere pienamente apprezzati solo se venivano valutati alla guisa di quadri, e che l’arte a sua volta poteva essere perfezionata solo tramite uno studio più attento del paesaggio e della natura. Da allora dipinti e paesaggi sono sempre stati imprigionati in questo legame autoreferenziale, al punto che oggigiorno i quadri possono essere i nostri modelli comuni di come dovrebbe apparire uno scenario e, implicitamente, la natura stessa. Il panorama dalla cima di una collina, la scena magistralmente incorniciata nel Claude Glass, la visione prospettica in cui l’osservatore è il punto focale, hanno finito con il dominare la nostra prospettiva visiva sul mondo naturale. Persino tra i pittori che potrebbero essere genericamente definiti romantici è difficile trovare riprodotto il campo visivo che si ha dal fondo di una siepe o dall’interno di un bosco.”

Il taccuino del naturalista. Esplorare la natura con i cinque sensi. Richard Mabey

 

 

©Chiara Ferrin

 

MAURIZIO BUSCARINO | UNA FOTOGRAFIA




MAURIZIO BUSCARINO | UNA FOTOGRAFIA | MODENA 25 NOVEMBRE 2017

RIMANDATO AL 17 MARZO 2018

scheda iscrizione Maurizio Buscarino

 

"Amleto nel cortile dell'aria" ©Maurizio Buscarino

©Maurizio Buscarino.
“Amleto nel cortile dell’aria”
Compagnia della Fortezza, Carcere di Volterra 2001

 

L’incontro con Maurizio Buscarino si svolgerà nel pomeriggio di sabato 17 marzo e sarà dedicato al racconto del suo percorso, del suo approccio col teatro e del pensiero che lo ha guidato in una ricerca costante e profonda. Non un corso di fotografia di scena, ma un’immersione nel periodo che lo ha legato alla storia del teatro contemporaneo.
Una lezione di fotografia e di cultura teatrale insieme.

Nel corso dell’incontro Maurizio Buscarino proietterà due video di montaggi sonori, “Ombre di legno” e “In cerca di luce”.

Per informazioni e iscrizioni potete scrivere a foto@chiaraferrin.com o telefonare al
328 3260054 oppure potete direttamente completare e inviare la scheda di iscrizione

“Ho sempre cercato di vedere il teatro dal punto di vista della mia estraneità, il sentimento necessario per “vedere”, come in strada, come nel gioco che facevo da bambino: quello di guardare chi viene, chi appare nella luce del campo visivo e se ne va dall’altro lato, di nuovo nel niente. Nel teatro e nella vita il niente è il senso primo e ultimo, è la quinta amniotica, il nulla, il nero. Qualcuno – ognuno – sbuca da questo nulla, attraversa uno spazio e un tempo, in un percorso più o meno complesso, per annunciare a “me” la sua scomparsa di nuovo nel nulla. Questo è il teatro: ma se ti poni da questo punto di vista è teatro anche l’attimo in cui ti guarda un capriolo nel bosco, o l’ambito interno della famiglia, o il carcere, ma anche la guerra, la piazza, le strade della città o quelle dei moderni pellegrini: è la vita nel campo del mio sguardo, che è tutto ciò che mi lega a questa vita.”
Teatro e Storia n.36-2015: Una fotografia, Maurizio Buscarino

“È essenziale stabilire un rapporto, anche senza troppe dichiarazioni d’intenti, in ore o notti di lavoro o in pochi istanti. Una premessa essenziale è sapere che la fotografia è una azione, un atto incidente e drammatico: si osserva la realtà disturbandola. Molto difficilmente la fotografia ha una connotazione umoristica. In essa si manifesta l’assenza: è un segno concreto che annuncia un’altra realtà, come una moneta d’argento che materializza il valore che si prende con la mano, per tenerselo.
Un ritratto, ma anche la sistemazione spaziale di ciò che accade nel luogo in cui si vede accadere qualcosa, non è solo il risultato di un’abilità nel manovrare gli attrezzi; non è trascurabile, ad esempio, una cultura di carattere pittorico o della storia dell’arte, che può far parte del bagaglio mentale del fotografo.
Nel rapporto di cui parlo, punto a toccare la presenza che transita dentro la maschera.
Nel teatro – il paesaggio umano che ho scelto – ho spiato la sospensione, la fatica, il sudore, la forza, ma anche l’instabilità, il timore e l’incantamento di chi compie il suo percorso nel mio campo visivo. Non mi sono sentito un’anima bella che prova il gusto della sensibilità allo spettacolo. Non volevo provare piacere, volevo capire. La mia estraneità al teatro non consisteva nel godere della finzione, ma nel vederne la realtà: la più grande e drammatica bellezza. Non mi sono sentito e non ho voluto essere un uomo di teatro, ma un uomo nel teatro.
Anche nella guerra ci sono i fotografi della guerra e i fotografi nella guerra. I primi sono fotografi aziendali, al soldo della forza. Gli altri sono fotografi che vanno a vedere ciò che accade realmente nella guerra. I primi sono quelli della guerra in Iraq, anime belle che hanno accettato di rappresentare la finzione del committente, dai quali non è venuta nessuna verità, falsi testimoni. I secondi, per esempio, sono quelli nella guerra in Vietnam – ne sono morti duecentocinquanta – che hanno contribuito in maniera importante a determinare la fine della guerra stessa, mostrandone la verità.
Ho sempre sentito l’avversione al servizio, pensando che l’onestà del mio lavoro e della mia testimonianza coincidesse con la mia piccola ma precisa necessità.”
Da un’intervista di Mariagiulia Colace.

 

 

Maurizio Buscarino (Bergamo, 1944)

Fra le firme più prestigiose della fotografia in Italia, dal 1973 produce un imponente lavoro sul teatro contemporaneo e, allo stesso tempo, una tenace e singolare rappresentazione della sua visione del mondo, restituendo immagini mirabili dal teatro europeo, americano e orientale, da Jerzy Grotowski a Tadeusz Kantor, dall’Odin Teatret a Eimuntas Nekrosius, dal teatro Kabuki al teatro nelle Carceri, dal teatro di Ricerca al teatro Lirico, dalla teatralità dei margini a quella istituzionale.
Nelle sue fotografie ogni Figura appare protagonista, collocata in un paesaggio costellato dai grandi dell’ultimo Novecento, insieme alla moltitudine degli sconosciuti. Tutti appaiono transitare sul palco dell’esistenza, ognuno nella propria fortissima unicità, ma tutti segnati da una comune appartenenza: la coscienza del rischio quotidiano dell’entrata in scena, per annunciare la propria scomparsa.

Tra i suoi libri:
Attore, Maurizio Buscarino, Regione Toscana, Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale di Pontedera, Pontedera (PI) 1980
La classe morta di Tadeusz Kantor, Maurizio Buscarino, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 1981
Vola Vola Peter Pan, Maurizio Buscarino, Marco Rota, Teatro Viaggio, Bergamo 1982
Portfolio, Maurizio Buscarino, La casa Usher, Firenze 1983
Il teatro abbandonato, Maurizio Buscarino, La Casa Usher, Firenze 1985
Il popolo del teatro, Maurizio Buscarino, Electa Leonardo Arte, Milano 1999
Kantor Il circo della morte, Maurizio Buscarino, Art& Edizioni, Udine 1997
Le Marche dei Teatri, Maurizio Buscarino, (2 volumi) Skira, Milano 2000
Un figlio dello Yiddish, Maurizio Buscarino, Electa Leonardo Arte, Milano 2000
Per antiche vie, Maurizio Buscarino, Electa Leonardo Arte, Milano 2001
Kantor, Maurizio Buscarino, Electa Leonardo Arte, Milano 2001
Post Cantum/un Paese, Maurizio Buscarino, Centro Culturale Poscante, Poscante 2001
Il teatro segreto, Maurizio Buscarino, Electa Leonardo Arte, Milano 2002
La giornata libera di un fotografo, Maurizio Buscarino, Titivillus Edizioni, Corazzano (Pi)
2002/06
Dèi Pupi, Electa Leonardo Arte, Milano 2003
Buio Luce Buio, Maurizio Buscarino, Titivillus Edizioni, Corazzano (Pi) 2003
Freigang eines Photographen, Maurizio Buscarino, traduzione e prefazione di Elmar
Locher, Edition Sturzflüg, Bozen – Studien Verlag, Innsbruck 2004
Gente di Zogno/che questo tempo chiamarono antico, Maurizio Buscarino, Comune di Zogno, Zogno 2004
Baj scenologia, Maurizio Buscarino, Titivillus Edizioni, Corazzano (Pi) 2004
Il mare dietro il muro, Maurizio e Federico Buscarino, Electa Milano 2008
Il segno inspiegabile, Maurizio Buscarino, Titivillus Edizioni, Corazzano (Pi) 2008
Solo Jazz/ dal Palazzetto al Donizetti, Maurizio Buscarino e Federico Buscarino, Elleni Galleria/Press R3, Bergamo 2014

 

PER INFORMAZIONI E ISCRIZIONI
foto@chiaraferrin.com
Telefono 328 3260054

scheda iscrizione Maurizio Buscarino

 

DoveTeatro dei Venti via San Giovanni Bosco 150 41121 Modena

Come arrivare:

da Modena sud

Dalla stazione dei treni, autobus numero 1,

fermata via Puccini, incrocio con via San Giovanni Bosco.

L’INCONTRO PREVEDE IL PAGAMENTO DI UNA QUOTA.
I POSTI SONO LIMITATI E LE ISCRIZIONI SARANNO VALIDE IN BASE ALL’ORDINE DI ARRIVO

 

 

 

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“Siamo uniti all’ambiente non umano da un senso di ‘intima affinità’, il corrispettivo psicologico della nostra affinità strutturale, atomica, sia con i vari elementi ambientali sia con la storia evolutiva dell’umanità, il ‘fato biologico dell’individuo’ che ci riporta a far parte, dopo la morte, di quello stesso ambiente. Questo legame, conscio e inconscio, che unisce l’individuo all’ambiente non umano è un elemento portante dello sviluppo della personalità, non certo esente dall’ambivalenza. Un’ambivalenza che oscilla tra la dipendenza e il controllo, la sottomissione e lo sfruttamento, e che può dunque promuovere attitudini di rispetto, ammirazione e tutela, ma anche di indifferenza e disprezzo.
Fino alla ferocia territoriale.”

Mindscapes. Psiche nel paesaggio. Vittorio Lingiardi

 


 

©Chiara Ferrin

 

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Gli operai che mi hanno vista fotografare hanno pensato fossi stata mandata dai proprietari per produrre prove relative al ritardo dei lavori:
<<Potevate almeno togliere la roba da buttare che poi mandano a far le foto!>>
Disse il capo cantiere.

 

©ChiaraFerrin

 

©Chiara Ferrin

 

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Giardini privati nasce dall’osservazione dei giardini intorno a casa e dalla preoccupazione costante per i problemi ambientali che non sappiamo risolvere. E siccome la coscienza sociale parte dal singolo individuo, credo che anche la manutenzione del proprio giardino possa riflettere una distorsione dell’idea di cura. Parte di questo lavoro è sfociato in una mostra collettiva che si è tenuta al Museo del Fiore di Sanremo nell’autunno del 2017, Viridi. Declinazioni del verde.
I pezzi in mostra erano esposti in dittici che mostrano il prima e il dopo l’intervento dell’uomo. Ora proseguo la mia ricerca, anche attraverso questo blog.

Chiusi dentro a recinzioni che proteggono da sguardi indiscreti, considerati puro ornamento, su di loro si abbatte la scure dell’uomo, sempre più abituato a considerare gli alberi del proprio giardino come una proprietà privata, sulla quale esercitare tutto il proprio potere. La natura, quella spontanea e ribelle, non è previsto che si esprima liberamente al di qua della rete, quindi va domata, repressa, mutilata. Ciò che di vitale possiede un albero non sembra interessare. Ciò che di vitale ci dona un albero non sembra interessare.

 
 

 

©Chiara Ferrin

 

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“Se una composizione di alberi, di montagne, di acque e di case, cui diamo il nome di paesaggio, è bella, non risulta tale per se stessa, ma per me, per la finezza che è mia, per l’idea o il sentimento che vi associo.”

Charles Baudelaire

Che sia un buon anno per i paesaggisti visionari!
 
 

 

©Chiara Ferrin

 

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“E’ proprio nel clima relazionale che si crea attorno alle esperienze percettive del bambino che prende forma quella sintonizzazione estetica  con il mondo da cui dipenderanno i nostri gusti e disgusti. Si può dunque ipotizzare che l’esperienza estetica dell’infante  è decisiva non solo per la futura definizione della sua identità, ma anche per rendere possibile la sua fioritura umana.”

Mindscapes. Psiche nel paesaggio. Vittorio Lingiardi

 

 

©Chiara Ferrin

 

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Poichè non posso smettere di pensare ai giardini, agli alberi, alla natura, alla natura rinchiusa, al paesaggio mortificato, l’idea è di tenere qui una specie di diario, che non avrà pubblicazioni a cadenza regolare. In realtà sarà più una raccolta di appunti.
Sarà come avere un giardino, un giardino difficile da associare all’idea di giardino che abbiamo.
E dubito sarà un giardino bello, perché si sa, ogni giardino ha bisogno di cura. E io voglio mostrare soprattutto la mancanza e l’idea distorta di cura.
Comincio oggi, per augurarci buona fine e buon inizio d’anno.

 
 

 

©Chiara Ferrin

 

TANO D’AMICO | IMMAGINI E STORIA

TANO D’AMICO | IMMAGINI E STORIA 25-26 FEBBRAIO 2017

Per informazioni e iscrizioni
foto@chiaraferrin.com
Telefono 3283260054

 

I POSTI SONO LIMITATI

 

tano

Tano D’Amico parlerà del rapporto tra immagini e storia, cosa succede quando si tenta di raccontare una storia attraverso l’immagine, come invadono la vita concetti come “memoria” e “poesia”, che valore ha la storia, da cosa scaturisce la forza della fotografia in rapporto all’occhio di chi guarda. Le immagini sono il mezzo con cui i popoli raggiungono la consapevolezza storica e che solo un fatto ben rappresentato può essere ricordato; l’immagine diventa così il primo simbolo del cambiamento: “[…] da più di mezzo secolo ormai si è affermato questo tipo di immagine, l’immagine che documenta, che registra. È un tipo di immagine che non ha mai cambiato niente, che non fa altro che perpetuare il modo di vedere di chi comanda. Una rappresentazione letterale della realtà non fa altro che spingere a un’ulteriore passività. Si riduce l’immagine a cosa che non ha una vita propria, che vive in funzione della didascalia”.

“[…] Si costruisce una fotografia che ostenta falsi limiti. Il falso mosso, gratuito, senza motivo, senza causa reale. Il falso fuori fuoco. Il falso buio, il falso scuro […]. Si costruisce un falso limite da cui far scaturire una falsa poesia. […]. Spesso i reportage dei nostri giorni non sono altro che raccapriccianti atlanti degli orrori. […] una immagine forse conta più per l’invisibile che c’è in essa che per le cose e le persone che fa vedere […].”

Durante il seminario, Tano D’Amico sarà disponibile a visionare il lavoro che i partecipanti decideranno di portare per una valutazione.

Tano D’Amico

Libri parole fotografie, un solo percorso di ricerca che si snoda dal 1970 a oggi. Dalle manifestazioni studentesche alla emancipazione delle donne, alla lotta per la casa, agli scioperi e alle occupazioni dove furono protagonisti donne, operai, disoccupati, studenti, sottoproletari e i loro antagonisti – quante volte loro malgrado – carabinieri, infiltrati, agenti di PS, esattori e funzionari. Tutto quello che non poteva interessare i mezzi di comunicazione di massa è rimasto nelle foto di Tano. E’ l’altra storia, l’altra faccia. Dalla parte dei senza nome, dei senza voce e senza volto: i produttori e l’esercito industriale di riserva, quelli che fanno la storia e la storia li scarica ai bordi dei suoi libri. Belli, mai miseri e meschini anche quando la miseria li inchioda alle strade e alle case, alla follia e alla violenza. L’urlo, il pugno, il lacrimogeno, la smorfia il sorriso, la dolcezza la rabbia, tutto questo e il resto concorre a ricordare e a restituire all’uomo una parte della sua bellezza. I primi soldi che Tano prese per le sue fotografie gli furono offerti dagli occupanti abusivi di case a Roma, nel mezzo della loro lotta disperata. Glieli portarono in una busta chiusa sotto una tazza di caffè adagiata su un centrino. Non avevano voluto altri fotografi che lui. Perché lui li guardava stupendi com’erano e loro senza quasi conoscerlo gli volevano bene.

Paolo Tonini

 

 

Dove: Teatro dei Venti via San Giovanni Bosco 150 41121 Modena

Come arrivare:

da Modena sud

Dalla stazione dei treni, autobus numero 1,

fermata via Puccini, incrocio con via San Giovanni Bosco.